Santi del 27 Agosto
*Amedeo di Losanna *Angelo da Foligno *Bacolo di Sorrento *Cesario di Arles *Davide Enrico Lewis *Domenico della Madre di Dio Barberi *Ferdinando Gonzalez Anon *Francesca Pinzokere *Francesco di Santa Maria e & *Gebardo di Costanza *Giovanni di Pavia *Guerrino di Sion *Jean-Baptiste Souzy *Licerio *Luigi Suarez *Marcellino, Mannea e & *Maria Pilar Izquierdo Albero *Martiri Spagnoli Trinitari di Ciudad Real e 5 & *Monica *Narno *Poemen *Raimondo Martì Soriano *Rufo *Ruggero Cardwallador *Teona D'Alessandria *Uldarico Guillaume *Altri Santi del giorno *
*Sant'Amedeo di Losanna - Vescovo (27 Agosto)
Chatte (Dauphiné, Francia), 21 gennaio 1110 - Lausanne (Vaud, Svizzera), 27 agosto 1159
Sant’Amedeo, appartenente alla nobile famiglia dei Clermont, figlio del Beato Amedeo il Vecchio, fu allievo di San Bernardo di Clairvaux.
Abate di Altacomba dal 1139 e poi vescovo di Losanna dal 1144, fu pastore sollecito nella formazione dei giovani e del clero. Alla morte del conte Amedeo III di Savoia fu nominato tutore del piccolo Umberto III, venerato poi come “Beato”. Partecipò a parecchie Diete dell'imperatore Federico I Barbarossa.
Amedeo ci ha lasciato alcuni scritti, tra cui otto omelie mariane che hanno le caratteristiche di veri trattati teologici sulla grandezza della Madre di Dio e che gli meritarono di essere considerato un assertore dell’assunzione di Maria.
Anche la Liturgia delle Ore riporta alcuni suoi brani. Morì a Losanna il 27 agosto 1159. Le sue reliquie, conservate nella cattedrale, furono rinvenute nel 1911. Il suo culto è stato confermato ufficialmente dal pontefice Clemente XI nel 1710.
Emblema: Mitra, Pastorale
Martirologio Romano: A Losanna nell’odierna Svizzera, Sant’Amedeo, vescovo, che, monaco di Chiaravalle, fu posto come abate del cenobio di Hautecombe e, divenuto poi vescovo, istruì con cura i giovani, formò un clero pio e puro e celebrò nella sua predicazione la Beata Vergine Maria.
Sant’Amedeo, appartenente alla nobile famiglia dei Clermont imparentata con la casa reale di Franconia, nacque il 21 gennaio 1110 in Val d’Isèr nel castello di Chatte, nel Delfinato francese.
Suo padre era il Beato Amedeo di Clermont il Vecchio, signore di Hauterive, nella regione Drôme, che abbandonò il mondo con altri sedici cavalieri suoi vassalli entrando nell’Ordine dei Cluniacensi a Bonnevaux. Morì nel 1150, dopo essersi prodigato nella fondazione di vari monasteri.
Tornando dunque al figlio, entrò anch’egli a Bonnevaux con il padre quando non aveva ancora compiuto i dieci anni di età. La sua formazione prosegui poi nel celebre monastero di Cluny dal 1121 e presso la corte reale tedesca, accolto dal parente Corrado, futuro imperatore di Germania.
Ma il giovane Amedeo non si sentiva assolutamente attratto dal mestiere delle armi e nel 1125 giunse alla decisione di iniziare il noviziato nel monastero di Clairvaux, sotto la preziosissima guida di San Bernardo.
Nel 1139 Amedeo fu eletto abate dell’abbazia di Hautecombe (Altacomba), in Savoia, recentemente fondata dal conte Amedeo III per divenire la prima necropoli del casato sabaudo. Già durante tale periodo era conosciuto come il “saggio di Savoia”.
Dal 1145 dovette rinunciare a tale carica, chiamato ad occupare la sede episcopale di Losanna, oggi città capoluogo del cantone svizzero del Vaud. Ricevette la consacrazione episcopale il giorno del suo compleanno, festa di Sant’Agnese.
Esercitò il suo ministero nello spirito della riforma cistercense, ma oltre alle funzioni di vescovo dovette occuparsi anche di politica. Alla morte del conte Amedeo III di Savoia, avvenuta nel corso di una crociata, fu infatti nominato tutore del piccolo Umberto III, venerato poi come “beato”. Partecipò a parecchie Diete dell’imperatore Federico I Barbarossa, che lo nominò Gran cancelliere del regno di Borgogna. Coinvolto in conflitti nobiliari, specialmente con il conte Amedeo di Ginevra, e quindi costretto per un certo tempo all'esilio, riuscì a giungere a un compromesso con il duca Konrad von Zähringen.
Tutti questi avvenimenti potrebbero farci pensare che Amedeo sia stato soprattutto un buon politico. Ma vi è un’altra faccia della sua vita.
Egli amava definirsi “Amedeus peccator Lausannensis vocatus episcopus”.
Apostolo infaticabile, fu anche pastore sollecito nella formazione dei giovani e del clero. Era anche solito ritirarsi in un castello nei pressi di Chexbres per potersi assicurare dei tempi di preghiera e di meditazione.
Egli affidò Losanna alla particolare protezione di Maria.
Amedeo ci ha lasciato alcuni scritti tra cui, oltre ad una lettera ai suoi figli spirituali della Chiesa di Losanna, otto omelie mariane che hanno le caratteristiche di veri trattati teologici sulla grandezza della Madre di Dio e che gli meritarono di essere considerato un assertore dell’assunzione di Maria.
I loro titoli sono:
1. Des fruits et des fleurs des vertus de la sainte Vierge.
2. De la justification ou grâce intérieure de la sainte Vierge.
5. De la force d’âme, ou du martyre de la sainte Vierge.
6. De la joie et de l’admiration de la sainte Vierge à la résurrection et ° l’ascension de Jésus-Christ.
7. De la mort de la sainte Vierge , de son assomption et de son exaltation à la droite de son Fils.
8. De la plénitude de perfection dans la sainte Vierge, de sa gloire et de la puissance de sa proctetion.
Il suo è uno stile fresco, encomiastico e quasi ingenuo, anche nell’affrontare argomenti come la divina maternità, la regalità, l’assunzione, la verginità e la mediazione della Beata Vergin Maria, che egli concepisce quale “Nuova Eva”. Amedeo ci presenta la posizione di Maria nell’economia della salvezza e riscontra in lei il punto di incontro tra i due Testamenti, paragonati a due canestri d’oro posti ai lati di Maria: l’antico profetizza gli eventi futuri ed il Nuovo loda l’onnipotenza di Colui che li ha portò a compimento. In tutto ciò Maria presenziò sempre accanto al Figlio che compie la volontà del Padre.
Nell’esporre il progresso spirituale di Maria, Amedeo illustrò gli effetti dei sette doni dello Spirito Santo su Maria: il Timore di Dio opera la giustificazione di Maria, la Pietà unisce Maria allo Spirito Santo quasi in una vera alleanza nuziale, la Scienza è diffusa nel mondo da Maria tramite il suo parto verginale, la Fortezza si rivela nel mistero della spada che trafigge la sua anima, il Consiglio riempie di gioia l’animo di Maria nei misteri della Resurrezione e Ascensione del Signore, l’Intelletto le dona l’immensa beatitudine nella gloria celeste ed infine la Sapienza riempirà di pienezza la Vergine quando tutti gli uomini giungeranno all’eterna salvezza.
Ora Maria continua nel Cielo la sua materna missione che svolse sulla terra in favore degli uomini. Manifestazione concreta di tale sua opera sono i continui prodigi che opera nei santuari a lei dedicati. La sua materna premura dovrebbe spingere gli uomini a confidare in lei e a rivolgerle preghiere di supplica.
Questo è in sintesi il pensiero di del santo vescovo Amedeo di Losanna, che meritò di essere citato come testimone della fede nell’Assunzione di Maria in occasione della definizione solenne di tale dogma da parte del pontefice Pio XII nel 1950. Amedeo fa inoltre parte di quella che viene definita la “seconda generazione” di autori spirituali cistercensi, con Gilbert de Hoyland, Baudouin de Ford ed Isaac de l’Etoile.
Morì a Losanna il 27 agosto 1159, all’età di quarantanove anni. Questa data fu a lungo al centro di controversie tra gli storici. Le sue reliquie, conservate nella cattedrale, furono rinvenute nel 1911. Il suo culto è stato confermato ufficialmente dal pontefice Clemente XI nel 1710. La Liturgia delle Ore riporta ancora oggi alcuni suoi brani nell’Ufficio delle Letture.
Dalle “Omelie” di Sant’Amedeo di Losanna
La Santa Vergine Maria fu assunta in cielo. Ma il suo nome ammirabile rifulse su tutta la terra anche indipendentemente da questo singolare evento, e la sua gloria immortale si irradiò in ogni luogo prima ancora che fosse esaltata sopra i cieli. Era conveniente, infatti, anche per l'onore del suo Figlio, che la Vergine Madre regnasse dapprima in terra e così alla fine ricevesse la gloria nei cieli.
Era giusto che la sua santità e la sua grandezza andassero crescendo quaggiù, passando di virtù in virtù e di splendore in splendore per opera dello Spirito Santo, fino a raggiungere il termine massimo al momento della sua entrata nella dimora superna. Perciò quando era qui con il corpo, pregustava le primizie del regno futuro, ora innalzandosi fino a Dio, ora scendendo verso i fratelli mediante l'amore. Fu onorata dagli angeli e venerata dagli uomini. Le stava accanto Gabriele con gli angeli e le rendeva servizio, con gli apostoli, Giovanni, ben felice che a lui, vergine, fosse stata affidata presso la croce la Vergine Madre. Quelli erano lieti di vedere in lei la Regina, questi la Signora, e sia gli uni che gli altri la circondavano di pio e devoto affetto.
Abitava nel sublime palazzo della santità, godeva della massima abbondanza dei favori divini, e sul popolo credente e assetato faceva scendere la pioggia delle grazie, lei che nella ricchezza della grazia aveva superato tutte le creature. Conferiva la salute fisica e la medicina spirituale, aveva il potere di risuscitare dalla morte i corpi e le anime.
Chi mai si partì da lei o malato, o triste, o digiuno dei misteri celesti? Chi non ritornò a casa sua lieto e contento dopo d'aver ottenuto dalla Madre del Signore, Maria, quello che voleva? Maria era la sposa ricca di gioielli spirituali, la madre dell'unico Sposo, la fonte di ogni dolcezza, la delizia dei giardini spirituali e la sorgente della acque vive e vivificanti che discendono dal Libano divino, dal monte Sion fino ai popoli stranieri sparsi qua e là.
Ella faceva scendere fiumi di pace e grazia. Perciò mentre la Vergine delle vergini veniva assunta in cielo da Dio e dal Figlio suo, re dei re, tra l'esultanza degli angeli, il giubilo degli arcangeli e le acclamazioni festose del cielo, si compì la profezia del salmista che dice al Signore: «Sta la regina alla tua destra in veste tessuta d'oro, in abiti trapunti e ricamati» (Sal 44, 10 volg.) [Dalle “Omelie” di Sant’Amedeo di Losanna, vescovo (Om. 7; SC 72, 188. 190. 192. 200)]
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Amedeo di Losanna, pregate per noi.
*Beato Angelo da Foligno - Sacerdote Agostiniano (27 Agosto)
Foligno, 1226 - Foligno, 27 agosto 1312
Nato a Foligno nel 1226, negli anni 1293 e 1297 si trovava a Gubbio. È ritenuto il fondatore del convento degli agostiniani a Foligno. Morì a Foligno il 27 agosto 1312.
Si distinse per pazienza, spirito di orazione, mortificazione e singolare pietà.
Martirologio Romano: A Foligno in Umbria, Beato Angelo Conti, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, insigne per le penitenze e l’umiltà e paziente davanti alle offese.
Il Beato Angelo nacque a Foligno nel 1226 dalla nobile famiglia dei Conti. Negli anni 1293 e 1297 si trovava a Gubbio.
Uomo di grande pietà, dopo la grande unione dell’Ordine Agostiniano, avvenuta nel 1256 per volontà della Santa Sede, fondò conventi agostiniani nel centro Italia tra i quali anche quello di Convento di Sant' Agostino nella sua città natale.
In tutta la sua vita si distinse per pazienza, spirito d’orazione, mortificazione e singolare pietà.
Morì a Foligno il 27 agosto 1312. Leone XIII ne approvò il culto nel 1881. Le sue reliquie riposano nella Chiesa di Sant'Agostino a Foligno.
La sua memoria liturgica ricorre il 6 settembre.
(Autore: P.Bruno Silvestrini O.S.A. – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Angelo da Foligno, pregate per noi.
*San Bacolo di Sorrento - Vescovo (27 Agosto)
La Vita di Sant'Antonino, abate di Sorrento, composta nel sec. IX o poco dopo, presenta come protettori di Sorrento i vescovi Renato, Atanasio e Bacolo, e fa di ciascuno una descrizione fisionomica che sembra ricavata da pitture esistenti nella cattedrale dell'epoca.
L'età dell'episcopato di Bacolo è incerta: l'Ughelli, in base a un manoscritto di quella cattedrale, non anteriore al sec. XII, lo pone nel sec. VII, seguito dai Bollandisti che lo dicono vissuto verso il 660. «Ma», conclude il Lanzoni, «la Vita San Baculi, nella parte che tratta dell'episcopato del suo eroe, non contiene alcun dato cronologico sul tempo del medesimo. Nulla quindi impedisce di credere che egli sia appartenuto al IV o al V secolo».
Morì il 27 agosto, giorno in cui Sorrento ne celebra la festa. Il suo corpo, dapprima sepolto, a protezione, nel muro della città, venne poi collocato nel tempio di San Felice.
Nei secc. XV-XVIII a Sorrento esisteva una cappella eretta in suo onore, ricordata anche in uno strumento del 1473.
(Autore: Antonio Balducci - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Bacolo di Sorrento, pregate per noi.
*San Cesario di Arles - Vescovo (27 Agosto)
Chalon sur Saone, Francia, 470 circa - Arles, Francia, 27 agosto 543
Nato nel 470 da una famiglia gallo-romana di limitate risorse, a vent'anni Cesario diventò monaco a Lérins, dove studiò fino a quando il vescovo Eonio di Arles lo inviò in un altro monastero a riportare ordine. Morto Eonio, divenne vescovo di Arles, capitale della Gallia romana, regione sotto il dominio dei Visigoti ariani.
Cesario si distinse per il suo zelo pastorale e la forza d'animo: fu attivissimo in campo politico e sociale; convocò concili locali e sinodi per affrontare problemi di dottrina, di organizzazione e disciplina ecclesiastica; soccorse i poveri vendendo i tesori della Chiesa.
Ad Arles, costruì l'ospedale più importante di tutta la Gallia. Eccellente predicatore, i suoi sermoni vennero ripresi anche in epoche successive.
Il vescovo fu autore della Regola per un monastero femminile. Morì nel 543 circondato da un'aurea di santità. (Avvenire)
Etimologia: Cesario = nome di famiglia romana, assurto a dignità imperiale.
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Ad Arles in Provenza, san Cesario, vescovo: dopo aver condotto vita monastica nell’isola di Lérins, fu elevato all’episcopato contro la sua volontà; scrisse e raccolse in un corpo unico sermoni per le festività destinati alla lettura dei sacerdoti, perché fossero loro d’aiuto nella catechesi al popolo; compose inoltre regole sia per gli uomini che per le vergini allo scopo di disciplinarne la vita monastica.
"E' un monaco esemplare", dicono certi confratelli. «Troppo esemplare», mormorano certi altri, meno spirituali. Infatti nel monastero gli fanno amministrare la mensa, e lui raziona severamente cibo e bevande a tutti, cominciando da sé stesso.
Nato da una famiglia gallo-romana di limitate risorse, sui vent’anni si è fatto monaco a Lérins, nel minuscolo arcipelago al largo di Cannes, presso il monastero che è già un illustre centro di studi e spiritualità.
A Lérins, Cesario rimane per sette anni e poi il vescovo Eonio di Arles lo chiama presso di sé, gli conferisce il sacerdozio e lo manda in un altro monastero a riportare la disciplina. È un po’ la sua specialità: «Uso severità perché dovrò renderne conto al Giudice eterno».
Intorno ai 33 anni, morto Eonio, eccolo vescovo di Arles, l’antica città sul Rodano, capitale della Gallia romana dal 395 fino alla caduta dell’Impero d’Occidente.
Ora la Gallia è un enorme condominio di Ostrogoti, Visigoti, Burgundi, ai quali si aggiungono dal Nord i Franchi, futuri padroni di tutto. Cesario è vescovo dei cattolici in una terra dove comandano i Visigoti ariani, con le campagne ancora scarsamente e irregolarmente evangelizzate.
Lui però si considera debitore di tutti, chiamato a offrire aiuto in un tempo disgraziato, con tanti prigionieri di guerra, tanta gente deportata altrove, famiglie smembrate... In questa situazione, Cesario si realizza come il tipico vescovo dei “tempi di ferro”, difensore di tutti gli indifesi, che cresce in autorità per la sua dedizione alle popolazioni che nessun altro aiuta. Vende gli oggetti preziosi delle chiese per pagare i riscatti, si rivolge ai governanti e ai sovrani visigoti e burgundi; si ritrova pure accusato di congiura (ma dimostra poi la sua innocenza). E costruisce ad Arles l’ospedale più importante di tutta la Gallia.
Nei suoi quarant’anni da vescovo, Cesario promuove concili locali e sinodi per affrontare problemi di dottrina, di organizzazione e disciplina ecclesiastica. Ma è soprattutto un grande predicatore. Col suo consueto rigore, ammonisce i preti: «Chi non predica la parola di Dio dovrà renderne conto al Giudice». Dà al suo clero anche indicazioni pratiche sul modo di parlare, specialmente alla gente di campagna; e a quei preti che proprio non se la cavano, manda copia delle sue prediche.
Molte di esse sono giunte fino a noi grazie alle ricerche del benedettino francese padre Leopoldo Germano Morin. Cesario predica per lo più ricorrendo al metodo delle domande e risposte, presentando i suoi concetti attraverso immagini familiari ai fedeli: e poi le sue prediche sono brevi; una ventina di minuti.
Si può dire che Cesario abbia continuato a predicare anche dopo la morte, perché i suoi sermoni hanno avuto un’ampia diffusione nell’Alto Medioevo, e sono stati utilizzati da generazioni di predicatori.
Il vescovo-monaco è anche autore della Regola per un monastero femminile (fondato da sua sorella Cesaria), poi accolta anche da comunità maschili. Morto già in fama di santità, Cesario viene sepolto nella basilica di Santa Maria, devastata durante l’invasione saracena dell’VIII secolo. Ad Arles si conserva il coperchio del suo sarcofago.
(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Cesario di Arles, pregate per noi.
*San Davide Enrico Lewis - Sacerdote Gesuita, Martire (27 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Quaranta Martiri di Inghilterra e Galles”
Abcrgavenny, Inghilterra, 1616/1617 - Usk, Galles, 27 agosto 1679
Quasi un secolo trascorre dal martirio di Edmondo Campion (1581) a quello di David Lewis (1679), tra il primo e l'ultimo dei gesuiti giustiziati durante la lunga persecuzione conosciuta come la Riforma Inglese. (Altri sei gesuiti, incarcerati appunto perché sacerdoti, morirono a causa dei maltrattamenti fra il 1679 e il 1692).
Ciò che li unisce, insieme alla loro comune vocazione, è la causa e la costanza della loro testimonianza con il sangue. Sarà David Lewis, parlando dal patibolo, a parlare per tutti: "Sono Cattolico Romano; sono un prete Cattolico Romano; un prete Cattolico Romano di quell'Ordine religioso chiamato la Compagnia di Gesù; e benedico il momento in cui fui chiamato sia alla fede che al mio ministero.
Vi prego ora di constatare che fui condannato per aver detto Messa, ascoltato confessioni, amministrato i sacramenti".
Martirologio Romano: Nella cittadina di Usk in Galles, San Davide Lewis, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire: ordinato sacerdote a Roma, per oltre trent’anni celebrò di nascosto i sacramenti in patria e aiutò i poveri, finché subì l’impiccagione in quanto sacerdote sotto il re Carlo II.
Primo dì nove fratelli, Lewis nacque ad Abcrgavenny nella contea di Monmouth nel 1616 (o 1617) da Morgan Lewis, protestante, e da Mar garer Prichard, ferverne cattolica. Dopo aver frequentato la «Royal grammar school» del suo paese, di cui il padre era direttore, entrò, a quanto pare, nel Middle Temple di Londra per seguirvi gli studi legali.
Aveva sedici anni quando andò in Francia, insieme con il figlio del conte Savage, fermandosi a Parigi per circa tre mesi, durante i quali si convertì alla religione cattolica per opera del p. Talbot, com'egli stesso dichiarò poi: "Ad annum usque decimum sextum vixi haereticum" (cf. The Responsi Sckolarum of the English College, Rome, ed. A. Kcnoy, TI. Londra 1963, p. 460).
Perduti i genitori nel 1638, Lewis decise di abbracciare lo stato ecclesiastico, per cui, lasciata l'Inghilterra il 22 agosto di quell'anno, con l'aiuto del p. Carlo Gwynne (alias Brown). giunse a Roma il 2 novembre per essere ammesso al Collegio inglese, sotto lo pseudonimo di Charles Baker.
Ordinato sacerdote il 20 luglio 1642, passò successivamente nella Compagnia di Gesù, dove venne accolto il 19 agosto 1645. Rimpatriato l'anno seguente, prese a svolgere attività missionaria nella sua contea natale di Monmouth, ma nel 1647 fu richiamato a Roma dal generale del suo Ordine, che gli affidò la cura spirituale del Collegio inglese.
Desideroso tuttavia di ritornare alle missioni del suo infelice paese, Lewis ne richiese insistentemente l'autorizzazione ai suoi superiori, che non ebbero animo di rifiutargliela. Rimpatriò quindi nuovamente nel 1648, andandosi a stabilire ancora nel Monmouthshire, dove per oltre trenta anni svolse una infaticabile opera di apostolato, dedicando le sue maggiori cure ed attenzioni agli indigenti ed ai bisognosi, che soccorreva amorevolmente in tutte le maniere, tanto da meritare il titolo di «padre dei pover».
Denunciato da due coniugi apostati, il Lewis venne catturato nella parrocchia di S. Michele a Llantarnam, nella contea di Monmouth, mentre si apprestava a celebrare la S. Messa all'alba del 17 novembre 1678.
Condotto a Lanfoist, fu mandato da quei giudici ad Abergavenny, dove subì un primo interrogatorio; quindi venne fatto rinchiudere nelle prigioni di Monmouth, dove rimase sino al 13 gennaio 1679, allorché fu trasferito in quelle di Usk. Il 28 marzo fu ricondotto a Monmouth per esservi processato sotto la solita imputazione di essere un prete cattolico, ordinato sul continente e ritornato in patria ad esercitare le funzioni del suo ministero contro le leggi emanate dalla regina Elisabetta e sempre in vigore.
Condannato a morte per alto tradimento, Lewis vide la sua esecuzione rinviata per ordine del re, per cui fu nuovamente rinchiuso nelle prigioni di Usk.
Nel maggio seguente venne portato a Londra per essere interrogato dal consiglio privato, che, pur riconoscendolo innocente, lo rinviò nel carcere Usk, dove rimase per oltre tre mesi, con grande profitto dei cattolici del luogo, che avevano il permesso di visitarlo.
Prima di essere impiccato il 27 agosto 1679 in Usk, Lewis poté rivolgere un lungo discorso alla folla riunita intorno al patibolo, che ne rimase profondamente impressionata. Innalzato da Pio XI all'onore degli altari il 15 dicembre 1929 (cf. AAS, XX11 [1950], p. 18, n. CXXXIV1.
Il Beato Lewis viene commemorato il 27 agosto. Una descrizione esatta del suo arresto e delle successive vicende a cui andò incontro (A irne narrative of the impmonrnent and trial of Air. Lcwit), redatta dallo stesso martire durante la sua reclusione, si può leggere, unitamente al testo del suo ultimo discorso, in H, Folev, Rccords (cit, in bìbl.. pp. 917-24, 925-28).
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Davide Enrico Lewis, pregate per noi.
*Beato Domenico della Madre di Dio Barberi - Sacerdote passionista (27 Agosto)
Viterbo, 22 giugno 1792 - Reading, Inghilterra, 27 agosto 1849
Nato a Viterbo nel 1792, Domenico Barbieri a 22 anni entrò nei Passionisti, prendendo come nome da religioso Domenico della Madre di Dio. Ordinato sacerdote, cominciò la sua opera di predicazione in Italia, ma soprattutto in Inghilterra, dove ricondusse alla fede cattolica moltissimi fedeli e ministri, tra i quali anche John Henry Newman.
Fu apprezzato dai Papi Leone XIII, che lo conobbe di persona quando era nunzio a Bruxelles, e Pio X, che ne ricordò la figura in una lettera del 1911. Fu uomo di vasta erudizione, come dimostrano molte sue opere filosofiche, teologiche e ascetiche. Morì a Reading nel 1849. È sepolto a Sutton-Oak nel ritiro di Sant'Anna, presso Liverpool. (Avvenire)
Etimologia: Domenico = consacrato al Signore, dal latino
Martirologio Romano: A Reading in Inghilterra, beato Domenico della Madre di Dio Barberi, sacerdote della Congregazione della Passione, che, dedito alla ricostituzione dell’unità dei cristiani, riaccolse molti fedeli nella Chiesa cattolica.
La chiamavano mamma non solo gli undici figli ma anche i poveri della città, verso i quali il suo cuore era sempre spalancato.
E Domenico, l'ultimo figlio, non dimenticherà mai l'ottima mamma Maria Antonia Pacelli. L'esempio di lei, morta purtroppo così presto, l'accompagnerà per tutta la vita. Sarà sacerdote e missionario; eserciterà il ministero in Italia, Francia, Belgio, Inghilterra; sarà superiore e professore, ma il ricordo della mamma gli sarà sempre benedizione e carezza, luce e conforto.
Il contadino sale in cattedra
Da lei e da Giuseppe Barberi nasce Domenico presso Viterbo il 22 giugno 1792. Si vive del lavoro dei campi; il pane anche se la famiglia è numerosa non manca mai. La morte entra subito in casa Barberi. Nel 1797 a 10 anni muore la piccola Margherita.
Prima di spirare chiama il fratellino Domenico e gli sussurra: "Quando sarò morta mi coprirai con velo candido e con rose bianche". Il 26 marzo 1798 muore anche papà Giuseppe. Maria Antonia ne deve colmare il vuoto. Il piccolo Domenico apprende i primi elementi della istruzione nel vicino convento dei Cappuccini, dimostrando "un grande ardore per lo studio".
Il 23 marzo 1803 è la mamma Maria Antonia ad andarsene in cielo... Domenico, orfano di entrambi i genitori a 11 anni, si affida alla Madonna scelta come madre. Venduti i campi, gli orfani ancora in casa vanno a vivere con i fratelli più grandi ormai sistemati.
Domenico invece è ospitato amorevolmente da uno zio materno, contadino. Avviato al lavoro dei campi deve lasciare gli studi che gli sono particolarmente cari. Così va avanti fino a 21 anni: con i soliti sogni, i soliti sbandamenti (forse più accentuati del lecito, almeno per quel tempo), le solite crisi che accompagnano l'adolescenza e la giovinezza. Conosce i Passionisti del vicino convento di Vetralla (Viterbo), ne diventa scolaro e penitente; da loro è aiutato nello studio e nella formazione cristiana. Napoleone intanto sta arruolando giovani per la spedizione in Russia. Domenico è in apprensione temendo di dover partire. In sogno gli appare la mamma che lo conforta assicurandolo che non partirà e raccomandandogli la fedeltà al rosario. Dopo una sofferta crisi interiore, lascia la fidanzata ed a 22 anni entra in convento. Echi di questo dramma si trovano in un suo scritto dal significativo titolo: "Tracce di misericordia divina nella conversione di un gran peccatore".
Entra nel noviziato di Paliano (Frosinone) nel 1814. Fino ad ora ha lavorato nei campi; gli studi sono stati pochi ed approssimativi: una follia pensare al sacerdozio.
Ma a lui interessa solo diventare religioso passionista. Pregando però davanti all'immagine della Madonna avverte una voce chiara che non ammette dubbi: diventerà sacerdote e sarà apostolo del Nord Europa, specialmente dell' Inghilterra. E la voce non tradirà.
Intanto per vie umanamente inspiegabili tracciate da Dio, durante il noviziato passa dalla condizione di religioso fratello a quella di aspirante al sacerdozio. Il 15 novembre 1815 emette la professione religiosa. Studia poi al Monte Argentario (Grosseto) e nella casa generalizia dei Santi Giovanni e Paolo in Roma. Ricco di scienza e sapienza frutto certamente non solo di libri il primo marzo 1818 a Roma è ordinato sacerdote. Insegna filosofia, teologia, sacra eloquenza prima a Sant' Angelo di Vetralla (Viterbo) e poi a Roma e Ceccano (Frosinone).
Ma non trascura l'apostolato. Diventa maestro apprezzato non solo di scienza ma anche di vita. Assiduo al confessionale, preciso e concreto nella predicazione, scrittore acuto e fecondo, religioso esemplare. Rinuncia all' episcopato di Palermo, ma è chiamato a ricoprire posti di responsabilità all'interno della congregazione: superiore, consigliere provinciale, provinciale. E' sempre impegnato.
Ha fatto il voto di non perdere mai tempo. Dà alle stampe un trattato di mariologia in lingua francese e il "Commento al Cantico dei Cantici". In alcuni studi affronta le questioni socio-morali del tempo. Compone un trattato di teologia, uno di filosofia in sei volumi, biografie di giovani confratelli. Nel "Pianto dell'Inghilterra" c'è tutto il suo sconfinato dolore per lo scisma anglicano. Per ordine del direttore spirituale scrive anche l'autobiografia. Pubblica numerosi altri libri di vari argomenti. Una produzione immensa: complessivamente oltre 180 titoli.
E quella voce che lo voleva apostolo dell'Inghilterra?... No, non era illusione. Domenico attende con fiducia l'ora segnata da Dio. Scoccherà nel 1840, 27 anni dopo la chiamata. Inizialmente non è neppure nella lista dei partenti per la nuova fondazione. Ma Domenico è sicuro che non si partirà senza di lui. Infatti una serie di imprevisti lo portano ad essere addirittura il superiore del gruppo dei quattro religiosi che il 24 maggio 1840 partono per la nuova fondazione in Belgio. Il 22 giugno entrano nella nuova casa religiosa di Ere presso Tournai. E' la prima casa passionista fuori dell'Italia. Nel mese di novembre Domenico compie un sopralluogo in Inghilterra in vista di un' altra fondazione in quella terra. E' di nuovo in Belgio nel mese di dicembre. Il 30 settembre 1841 partenza definitiva per l'Inghilterra. Finalmente. Con il cuore vi era arrivato da tempo. Il 17 febbraio 1842, dopo aver soggiornato provvisoriamente altrove, apre la nuova casa religiosa di Aston Hall presso Stone. Si realizza così la visione di Paolo della Croce che fin dalla giovinezza pregava per la conversione dell'Inghilterra. Dopo una estasi infatti l'avevano sentito esclamare: "Che ho veduto!... Che ho veduto!... I miei figli in Inghilterra" .
Domenico svolge anche il compito di parroco, superiore, maestro dei novizi, insegnante. A questa prima casa religiosa ne seguiranno altre. Inizia un fruttuoso apostolato. Vengono anche nuove vocazioni. Per tutti, cattolici e protestanti, Domenico diventa una voce autorevole. Predica al popolo, al clero, alle religiose. Si spinge anche in Irlanda. Con il passare degli anni il suo fisico non può non risentire del lavoro sfibrante e continuo. Non ha alcun riguardo per sé. Il bene delle anime lo porta a lavorare con un ritmo superiore a quanto umanamente possibile. Nel 1849 mentre è in viaggio, viene colto da improvvisi dolori alla testa ed al cuore. Muore così sulla breccia il 27 agosto 1849 a 57 anni a Reading presso Londra. Serenamente, pieno di gioia: l'Inghilterra ha iniziato il suo cammino verso la piena comunione con il papa. Numerose e gravissime erano state le sue malattie, ma lui aveva sempre avuto la certezza che sarebbe morto solo nella sua" cara Inghilterra".
"I miei carissimi fratelli separati
Torniamo sulla specifica vocazione di Domenico. Prima ancora di entrare tra i Passionisti durante le feste natalizie del 1813 assorto in preghiera egli sente chiaramente una voce che gli dice: "lo ti ho eletto affinché tu annunzi le verità della fede a molti popoli". Nel 1814 è giovane novizio: non ha la prospettiva del sacerdozio, gli proibiscono addirittura di leggere libri, lo destinano a fare il cuoco. Per lui va bene così. Ma il primo ottobre durante un momento di preghiera alla Madonna avviene qualcosa di straordinario.
Lo racconta lui stesso: "Intesi che io non dovevo rimanere laico, ma che io dovevo studiare e che dopo sei anni io avrei cominciato il ministero apostolico; e che non era già né la Cina, né l'America, ma bensì il Nord-Ovest di Europa dove io sarei destinato e specialmente l'Inghilterra... lo rimasi talmente assicurato essere questa voce divina che io sarei più al caso di dubitare della mia esistenza che di questo". Domenico non strepita avanzando diritti o pretese: si affida a Dio. Scrive: "Se Dio vorrà tal cosa da me egli stesso penserà ad aprirmene la strada, né io farei un passo positivo per richiedere di esservi mandato (in Inghilterra), ma mi basta riposare nelle braccia della divina Provvidenza" .
La sua spiritualità ed esperienza mistica sono legate a questa missione. Lo spirito ecumenico struttura la sua personalità, ispira i suoi atteggiamenti, segna la sua vita, raccoglie le sue preghiere ed i suoi sacrifici. Già durante lo studentato con altri compagni più fervorosi ed in sintonia con i suoi ideali si impegna a pregare per gli infedeli e particolarmente per l'Inghilterra.
In seguito organizzerà una "crociata di preghiere" cui invita confratelli, fedeli, anime consacrate...Tra i confratelli che lo sostengono anche il beato Lorenzo Salvi. L'Inghilterra da tempo è il suo tormento e la sua ansia. "Dio, dice Domenico, si degnò infondere nel mio cuore fin dai più teneri anni un amore ardentissimo per i miei carissimi fratelli separati e specialmente per gli inglesi". Emette il voto di "rinunziare ad ogni consolazione spirituale e corporale" per il ritorno alla chiesa cattolica dei "fratelli separati". Per i suoi "carissimi fratelli anglicani" si dichiara disposto a "patire tutte le pene che dovrebbero patire tutti gli inglesi se si dannassero".
Intanto Domenico ha contatti con numerose personalità dell'anglicanesimo come James Ford, John Dobree Dalgairns e con i professori di Oxford. Egli anticipa di 150 anni il movimento ecumenico odierno, basato sull'amore, sul dialogo, sul rispetto della coscienza, sull' ascolto dell' altro. Il suo è e sarà sempre un dialogo intellettualmente profondo, dottrinalmente ineccepibile, umanamente cordiale rispettoso e caritatevole.
Un dialogo cioè cristiano e perciò fruttuoso. Nel trattatello dal titolo Avvertimenti necessari per chi desidera trattare con frutto coi protestanti in materie controverse di religione, scrive: "In primo luogo è necessaria una grande umiltà... accompagnata da una grande confidenza in Dio dal quale solamente può attendersi la mutazione dei cuori... In secondo luogo è necessario un gran fondo di scienza; non basta al certo una infarinatura... che abbiano avuto la laurea dottorale: convien essere non dottore, ma dotto e dotto davvero... Si procuri con ogni impegno mantenere il cuore tranquillo e pacifico, il volto gioviale, il tratto che ispiri carità cristiana... Persuadiamoci che solo il cuore è quello che può parlare ai cuori: la mansuetudine e la dolcezza cristiana sono i veri contrassegni di un difensore della religione cristiana" .
Domenico chiede agli anglicani di pregare per lui e per la chiesa cattolica mentre lui assicura di pregare per loro. Anticipando i tempi ammette umilmente i torti della chiesa cattolica. Entra in intima amicizia con George Spencer, futuro sacerdote passionista con il nome di padre Ignazio...
Una volta in Inghilterra spende tutte le sue forze per la ricomposizione dell'unità della chiesa. Il suo zelo inarrestabile suscita numerose conversioni. Non mancano invidie e contrasti. Tutto si tenta per fermare Domenico; a tutto Domenico risponde con pazienza, tenacia, preghiera. "La sola volontà di Dio è il mio sostegno: sono qui perché Dio mi ci ha voluto da tutta l'eternità. Posso dire che le sofferenze hanno superato ogni mia aspettazione.
Ma che devo attendermi per l'avvenire? Croci, croci, croci. Ma quali? Non lo so, né mi curo di saperlo". Alcuni ragazzi un giorno gli lanciano contro un sasso. Domenico lo raccoglie, lo bacia, e se lo mette in tasca. I ragazzi restano ammirati; in seguito diventeranno cattolici. Frequenti le conversioni dei protestanti.
Domenico accoglie anche la confessione e l'abiura del futuro cardinale John Henry Newman stimato "il papa dei protestanti, il loro grande oracolo, il più dotto uomo che si trova in Inghilterra". Il suo esempio è seguito da altri professori di Oxford: oltre 300 alte personalità del clero e del laicato anglosassone passano alla chiesa cattolica. Di Domenico tutti ammirano la sicura dottrina, l'attraente personalità "composta, dicono, di quanto vi è di umile e sublime nella natura umana".
E' detto "bambino per la sua semplicità e leone per la sua intelligenza"... Con lui il mondo anglicano respira il profumo di una nuova primavera. Con lui la congregazione dei Passionisti mette profonde radici oltre la Manica.
Per la chiesa anglicana Domenico offre tutto: studio, pianto, preghiere, la vita stessa. Lo aveva scritto nella Lettera ai professori di Oxford: "Ditemi fratelli carissimi, qual è quel sacrificio che io possa offrire per voi: ed io con l'aiuto di Dio, spero di poterlo offrire. Magari Dio mi concedesse di dare la vita per la vostra salvezza... Intanto mentre non mi è dato spargere il sangue, mi sia dato almeno di spargere lacrime". Così descrive le ore precedenti la sua partenza per l'Inghilterra: "lo mi ricordo che offrii la mia vita, dichiarandomi pronto a morire sommerso nel mare avanti di toccare l'Inghilterra, purché questa isola tornasse al seno della chiesa cattolica". La voce comune, compresa la chiesa protestante, lo acclama santo da vivo e da morto. Il Papa Paolo VI nel 1963 durante il concilio ecumenico vaticano II lo dichiara Beato e lo saluta gioiosamente "apostolo dell'unità".
La data di culto è stata fissata nel Martyrologium Romanum al 27 agosto, mentra la Famiglia Passionista lo celebra il 26 agosto.
(Autore: Passionistipiet.it - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Domenico della Madre di Dio Barberi, pregate per noi.
*Beato Ferdinando Gonzalez Anon - Sacerdote e Martire (27 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene: “Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001 “Martiri della Guerra di Spagna”
Martirologio Romano:
Nel villaggio di Picassent nel territorio di Valencia in Spagna, Beato Ferdinando González Añón, sacerdote e martire, che, durante la persecuzione, meritò di passare alla beatitudine eterna.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ferdinando Gonzalez Anon, pregate per noi.
*Beata Francesca Pinzokere - Martire (27 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri Giapponesi” Beatificati nel 1867-1989-2008
m. 1627
Emblema: Palma
Si conosce poco della sua vita. Nata in Giappone, entrò nel Terz'Ordine di San Domenico.
Vedova di santa vita, fu accusata di aver dato ospitalità ai missionari domenicani e perciò condannata a essere arsa viva.
Ricevette, così, la palma del martirio a Nagasaki il 17 agosto 1627, insieme ad altri terziari e terziarie giapponesi, accusati di collaborare con i padri domenicani nella predicazione e nella conversione dei Giapponesi.
(Fonte: Convento San Domenico, Bologna)
Giaculatoria - Beata Francesca Pinzokere, pregate per noi.
*Beati Francesco di Santa Maria e Compagni - Martiri (27 Agosto)
Martirologio Romano: A Nagasaki in Giappone, Beati Francesco di Santa Maria, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, e quattordici compagni, martiri, che subirono il martirio in odio al nome di Cristo per ordine del prefetto della città Kawachi Dono.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Francesco di Santa Maria e Compagni, pregate per noi.
*San Gebardo di Costanza - Vescovo (27 Agosto)
m. 27 agosto 995
Martirologio Romano: Nel monastero di Petershausen, da lui fondato, nel territorio dell’odierna Svizzera, deposizione di San Gebardo, vescovo di Costanza.
Figlio del conte Ulrico di Bregenz, Gerardo fu educato nella scuola del duomo di Costanza. Di questa città venne eletto vescovo per volere dell'imperatore Ottone 11, nel 979.
Quattro anni piú tardi, egli fondò il monastero di Petershausen, chiamandovi i Benedettini da Einsìedeln.
Morto il 27 agosto 995, fu sepolto nella chiesa del monastero da lui fondato.
Sui ruderi del castello di Bregenz, distrutto nel 1647 dagli Svedesi, fu costruita nel 1723 una cappella, originariamente dedicata a San Giorgio.
Quando negli anni 1908-10 si procedette al suo rinnovamento, Gebardo Fugel vi dipinse avvenimenti della vita di Gerardo.
Il luogo, dove sorse la cappella, oggi è chiamato "Monte di Gebardo".
La sua festa si celebra a Costanza il 27 agosto.
(Autore: Rudolf Henggeler - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Gebardo di Costanza, pregate per noi.
*San Giovanni di Pavia - Vescovo (27 Agosto)
Nella diocesi di Bergamo la sua memoria si celebra il 15 gennaio.
Martirologio Romano: A Pavia, San Giovanni, vescovo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giovanni di Pavia, pregate per noi.
*San Guerrino di Sion - Vescovo (27 Agosto)
Etimologia: Guerrino = difendendo protegge, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Nel monastero di Aulps in Savoia, nell’odierna Francia, transito di San Guarino, vescovo di Sion, che, monaco a Molesme al tempo di san Roberto, fondò questo cenobio, che resse santamente e aggregò all’Ordine Cistercense.
Guerrino, signore di Pont-à-Mousson, nato verso il 1065, aveva preso l'abito a Molesme, sotto San Roberto. Quest'ultimo aveva, tra il 1090 e il 1094, autorizzato due monaci, Andrea e Guido, a ritirarsi nell'Haut-Chablais, per fondarvi un monastero, rimanendo tuttavia sotto la sua giurisdizione.
Il luogo scelto si chiamava Aulps (cioè Alpi, pascoli), nella Savoia, diocesi di Ginevra.
Nel 1097 questa casa dedicata alla Madonna e a San Giovanni, fu eretta a badia, e Guido ne divenne primo abate. Andrea' secondo alcuni, sarebbe da identificare con Guerrino.
Se si trattasse invece, di personaggi distinti, Guerrino avrebbe raggiunto Aulps a una data indeterminata, ma alla morte di Guido, nel 1113, gli succedette nelia carica abbaziale.
Volendo restare fedele all'ideale dei fondatori di Aulps, ottenne da Callisto II, nel 1120, che il suo monastero fosse esentato dalla giurisdizione di Molesme, per essere unito, nel 1136, a Clairvaux.
Malgrado l'età assai avanzata, Guerrino lavorò assiduamente al progresso spirituale e materiale del suo monastero: e di questo San Bernardo si felicitò con lui in due lettere.
Cedendo alle istanze di Innocenzo II, accettò, nel 1138, il seggio episcopale di Sion. Anche come vescovo, diede prova di grande zelo nell'amministrazione della sua diocesi.
Morí il 27 agosto 1150.
Le reliquie di Guerrino furono oggetto di una venerazione costante fino alla Rivoluzione francese e nel 1794 furono messe in luogo sicuro. Nel 1804 furono deposte nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni di Aulps, donde furono trasferite nel 1886 nella nuova chiesa cdi Plan d'Avau.
Dopo il 1873 qualche reliquia fu ceduta a Jeuxey (Vosgi), dove il santo è specialmente venerato come patrono del bestiame, in particolare il 28 agosto.
Solo nel 1701 i Foglianti d'Italia cominciarono a celebrare la sua festa (14 febbraio) che fu poi estesa a tutto l'Ordine Cistercense. Guerrino ebbe pure la sua festa a Sion, al 30 agosto e a Ginevra e Annecy, dal 1777, il 1° settembre.
(Autore: Rombaut Van Doren - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Guerrino di Sion, pregate per noi.
*Beato Jean-Baptiste Souzy - Sacerdote, Martire della Rivoluzione Francese (27 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri dei Pontoni di Rochefort” 64 martiri della Rivoluzione Francese
La Rochelle, 24 marzo 1732 – Estuario della Charente, 27 agosto 1794
Martirologio Romano: Nel mare antistante Rochefort in Francia in una sordida galera ferma all’ancora, Beati martiri Giovanni Battista de Souzy, sacerdote, e Ulderico (Giovanni Battista) Guillaume, fratello delle Scuole Cristiane, martiri, che durante la persecuzione contro la Chiesa subirono una disumana carcerazione e morirono per Cristo consunti dalla fame e dalla malattia.
La Rivoluzione Francese ebbe dei grandi meriti nella formazione politica, morale e sociale dell’epoca moderna, ma come tutte le rivoluzioni, che in qualche modo presuppongono un capovolgimento violento delle classi al potere con i rivoltosi, lasciò dietro di sé un lago di sangue, morti ingiuste, delitti e violenze.
E la Chiesa Cattolica che in ogni rivoluzione avvenuta nel mondo, sin dalle sue origini, ha dovuto pagare un tributo di sangue, anche in questa ebbe innumerevoli martiri, morti per il solo fatto di essere religiosi.
L’Assemblea Costituente nel 1789, dopo aver confiscato tutti i beni ecclesiastici e soppresso gli Istituti religiosi, decretò la Costituzione Civile del Clero, per cui vescovi e parroci, dovevano essere eletti con il voto popolare e imponendo al clero il giuramento di adesione alla Costituzione stessa; ci fu chi aderì (clero giurato) e chi non lo volle fare (clero ‘refrattario’).
L’Assemblea Legislativa andata al potere, infierì contro il clero ‘refrattario’ giungendo nel 1792 a massacrarne 300, fra vescovi e sacerdoti.
Seguì al potere la Convenzione Nazionale, che emise contro il clero ‘refrattario’ dei decreti di deportazione per cui bisognava presentarsi spontaneamente pena la morte; furono così colpiti 2412 sacerdoti e religiosi, deportati in tre zone della Francia, di cui 829 a La Rochelle (Rochefort), fra questi ultimi troviamo Jean-Baptiste Souzy, sacerdote della diocesi di La Rochelle, nato in questa città il 24 marzo 1732, il quale era stato nominato dal vescovo, vicario generale della deportazione; insieme agli altri suoi compagni di prigionia, subì stenti di ogni genere, condizioni di vita miserevoli, maltrattamenti crudeli, perché si tendeva ad eliminarli clandestinamente.
Fu imprigionato nel 1794 a La Rochelle e imbarcato come gli altri sulle navi, che poi rimasero al largo dell’isola di Aix, nella Charente; morì di stenti, sopportati con eroica pazienza e forza nella fede, il 27 agosto 1794.
È stato beatificato insieme a 63 altri compagni di martirio, denominati “Martiri dei Pontoni”, di cui si è potuto reperire una sufficiente documentazione, da Papa Giovanni Paolo II, il 1° ottobre 1995.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Jean-Baptiste Souzy, pregate per noi.
*San Licerio - Vescovo del Couserans (27 Agosto)
Martirologio Romano: Nella regione dell’Aquitania in Francia nella cittadina che poi da lui prese il nome, San Licerio, vescovo, che, di origine spagnola e discepolo del vescovo San Fausto di Riez, protesse con le sue preghiere la città dall’invasione dei Visigoti.
La vita di Licerio (Glicerio; lat. Licerius; fr. Lizier), apostolo del Couserans nel V secolo, ci è nota attraverso la notizia che ne dà il ben noto domenicano e inquisitore, Bernard Guy, vescovo di Lodève (morto nel 1331), nel suo Speculum sanatoriale, notizia redatta in base a un ms. del X secolo. Gli autori della Histoire Littéraire de la France hanno ritenuto priva di valore questa notizia per un apparente anacronismo: Licerio infatti vi è detto discepolo di un Fausto di Tarbes, vissuto alla fine del secolo VI e insieme sarebbe stato ordinato prete da San Quinziano vescovo di Rodez all'inizio dello stesso secolo.
Senonché ad un esame più attento del testo si vede che il Fausto di cui si parla nella notizia è in realtà san Fausto di Riez, esiliato da Enrico re dei Visigoti in Aire (Aquitania) verso il 478 e morto verso il 485 che, solo erroneamente, è detto di Tarbes. Secondo la notizia dunque Licerio, nato in Spagna, fu discepolo di san Fausto vescovo di Riez che poi seguì in esilio.
Dopo la morte di Fausto, Licerio si recò a Rodez presso san Quinziano che lo ordinò prete. Scelto, infine, come vescovo del Couserans - diocesi soppressa nel 1801 - assistette al concilio di Agde del 506. Il suo episcopato fu sconvolto dalle lotte che opponevano allora i Franchi, stabiliti nella regione dal 507, ai Visigoti, respinti in Spagna, ma che tentavano di riconquistare il paese. La tradizione, quindi, ha posto Licerio tra i vescovi che a quel tempo furono i defensores civitatis.
Licerio sarebbe presumibilmente morto il 27 agosto del 540.
I suoi resti mortali, ritrovati alla fine del IX secolo, vennero custoditi in una nuova chiesa, consacrata nel 1117 da San Raimondo, vescovo di Barbastro, e che fu eretta a cattedrale con un capitolo particolare, sebbene esistesse già come cattedrale la chiesa di Notre-Dame-du-Siège col suo capitolo. Le due cattedrali con i due capitoli coesisterono fino al 1655 quando la seconda fu soppressa.
Il culto di Licerio si diffuse nel Sud della Francia e in Spagna, specialmente a Lérida dove la sua festa era celebrata almeno fin dal secolo XII. A questo titolo egli fu menzionato dall’agiografo Alfonso di Villegas nella sua raccolta Flos Sanctorum pubblicata nel 1578.
Il Baronio, nella redazione del Martirologio Romano, si servì di quest’opera commettendo tuttavia l’errore di scambiare per luoghi di morte quelli che erano solo luoghi di culto di parecchi santi. E così dal 1586 il Martirologio pone in Lérida il dies natalis del Santo. Licerio ha dato il suo nome al piccolo borgo dell’Ariège la cui chiesa conserva un busto reliquiario, risalente al Rinascimento, un pastorale e una mitra a lui attribuiti, ma in realtà posteriori.
La festa è celebrata il 27 agosto.
(Autore: Gérard Mathon - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Licerio, pregate per noi.
*Beato Luigi Suarez - Vescovo (27 Agosto)
† 1530
Vescovo di Alghero in Sardegna, il Beato Luigi Suarez, fu ammirato e stimato sia all'interno del suo Ordine Mercedario che fuori, per la cultura e la santità della vita.
Zelante nella fede cattolica e nella carità verso i poveri, morì nel 1530 e fu deposto nella sede della sua diocesi.
L'Ordine lo festeggia il 27 agosto.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Luigi Suarez, pregate per noi.
*Santi Marcellino, Mannea e compagni - Sposi e Martiri (27 Agosto)
† Costanza, Romania, IV secolo
Martirologio Romano: A Costanza in Scizia, nell’odierna Romania, santi martiri Marcellino, tribuno, e Mannea, coniugi, e Giovanni, loro figlio, Serapione, chierico, e Pietro, soldato.
Il gruppo di cinque Santi Martiri festeggiato in data odierna è capeggiato dai coniugi Marcellino e Mannea, che patirono il supplizio con il figlio Giovanni, il sacerdote Serapione ed il soldato Pietro presso l’antica Tomi in Mesia, odierna Costanza in Romania, sulle rive del Mar Nero.
Questa è la versione accreditata dall’ultima versione del Martyrolgium Romanum che li commemora appunto al 27 agosto.
Antiche fonti agiografiche vogliono che ben diciassette membri della comunità cristiana, probabilmente della città di Ossirinco, vennero denunciati al governatore dei tebaidi egiziani, essendosi opposti al decreto imperiale che imponeva loro di sacrificare agli idoli.
I cristiani oggetto di denuncia furono il tribuno Marcellino, sua moglie Mannea e due loro figli, un vescovo e tre chierici, un soldato, sette altri laici ed una donna. Tutti furono condotti in catene dinnanzi al governatore a Tomi.
Questi tentò di persuaderli ad obbedire alla legge, ma al loro rifiuto vennero condannati ad essere gettati in pasto alle fiere nell’arena. Il governatore tentò un ultima volta di salvare loro la vita domandando: “Non vi vergognate di onorare un uomo messo a morte e seppellito centinaia di anni fa per ordine di Ponzio Pilato?”.
Questa provocazione non ebbe però alcun effetto sui condannati.
Secondo l’autore dei loro Atti il vescovo, Melezio, pronunziò una professione di fede nella divinità di Gesù Cristo, chiaramente ispirata alle definizioni dogmatiche emanate dal concilio di Nicea del 325. Infine gli intrepidi cristiani vennero decapitati perché, come vuole la leggenda, quando le fiere vennero liberate non li vollero toccare ed anche il fuoco non riuscì a bruciarli.
Marcellino e Mannea non sono che una della miriade di coppie di sposi che nella storia dell’umanità hanno scalato le vette della santità, anche se spesso si tratta di casi poco noti al grande pubblico.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Marcellino, Mannea e Compagni, pregate per noi.
*Beata Maria Pilar Izquierdo Albero (27 Agosto)
Saragozza (Spagna), 27 luglio 1906 - San Sebastiano, 27 agosto 1945
Colpita da una serie di infermità, rimase cieca e paraplegica. Dopo una miracolosa guarigione, fondò a Madrid l'Opera Missionaria di Gesù e Maria.
Martirologio Romano: A San Sebastián in Spagna, Beata Maria del Pilar Izquierdo Albero, vergine, che, a lungo oppressa dalla povertà e da gravi malattie, cercò Dio nell’operoso amore per i poveri e gli afflitti, per servire i quali fondò l’Opera Missionaria di Gesù e Maria.
María Pilar Izquierdo Albero, terza di cinque fratelli, nacque a Saragozza (Spagna) il 27 luglio 1906. I suoi genitori, una coppia umile e povera di beni materiali, ma ricca in virtú, trasmise alla bambina lo spirito di pietá, l’amore ai poveri e una tenera devozione alla Madonna del Pilar.
Il 5 agosto, festa di Santa Maria della Neve, portarono al fonte battesimale María Pilar. Piú tardi, come lei stessa avrebbe detto, questo fu il giorno piú importante della sua vita perché in esso era divenuta figlia della Chiesa.
Fin da piccola rifulse in lei un amore squisito verso Dio e verso i poveri. Tante volte faceva a meno della sua merenda e delle sue piccole cose per aiutare i piú bisognosi di lei.
Dato che non aveva potuto frequentare la scuola, non sapeva scrivere e leggeva a malapena, per questo si riteneva “una tontica” che non sapeva altro che “soffrire e amare, amare e soffrire”.
Presto sperimentò sulla propria pelle la realtà del dolore e comprese il valore redentore della sofferenza.
All´etá di 12 anni fu vittima di una malattia misteriosa che nessuno dei medici seppe diagnosticare. Dopo quattro anni vissuti ad Alfamen per motivi di salute, ritornó a Saragozza dove cominciò a lavorare in una fabbrica di calzature, attirando su di sé l’amore di tutti per la sua semplicitá, la sua naturale simpatia, la sua bontá e laboriosità.
Il Signore però, voleva condurla verso un’altra strada e lo fece facendola addentrare sempre più nel mistero della croce. Tanto amò María Pilar la sofferenza che era solita ripetere: «Trovo in questo soffrire un amore così grande verso il nostro Gesú che muoio e non muoio... perché è questo amore che mi fa vivere».
Nel 1926, mentre tornava dal lavoro, si fratturó il bacino cadendo dal tram; nel 1927, come conseguenza di molteplici cisti, rimase paraplegica e cieca: cominciò per lei una via dolorosa durata piú di dodici anni fra gli ospedali di Saragozza e la povera soffitta della via Cerdan, 24. Questo luogo divenne, nonostante tutto, una scuola di spiritualitá e un’oasi di luce, di pace e di gioia per quanti la visitavano, specialmente durante i tre anni della guerra civile spagnola.
Lì si pregava, si coltivava l´amicizia evangelica e le anime venivano aiutate dalla Madre nel discernimento della vocazione a cui Dio le chiamava.
Nel 1936 María Pilar comincia a parlare dell´Opera di Gesú che sarebbe dovuta sorgere nella Chiesa e che avrebbe avuto come scopo “riprodurre la vita attiva del Signore sulla terra mediante le opere di misericordia”. L’otto dicembre 1939, festa dell´Immacolata, di cui lei era devotissima, María Pilar guarì in modo straordinario dalla sua paralisi che la costrinse a restare a letto per piú di 10 anni. Sparirono pure le cisti e la vista tornò istantaneamente.
Subito dopo mise in marcia l´Opera, trasferendosi con un gruppo di giovani a Madrid dove era già stata approvata la fondazione con il nome di “Missionarie di Gesù e Maria”. Presto però, si frapposero i giudizi umani ai piani di Dio: le fu vietato di esercitare nessuna forma di apostolato fino a 1942, anno in cui il vescovo di Madrid concesse l’approvazione canonica dell´opera come pia unione di Missionarie di Gesú, Maria e Giuseppe.
Dopo due anni di fecondo apostolato tra i poveri, i bambini e gli ammalati dei sobborghi di Madrid, Dio volle condurla nuovamemte sul cammino della croce. Si riprodussero in lei le cisti dell’addome e, alla malattia, si unirono le sofferenze morali con cui Dio è solito purificare le anime che vuole portare alle vette della perfezione.
Le calunnie, gli intrighi e le incomprensioni screditarono l´Opera e allontanarono da essa diverse giovani che sempre le erano state fedeli. La situazione arrivò a un punto tale che María Pilar, su consiglio del suo confessore, nel novembre del 1944, dovette ritirarsi dalla sua stessa Opera. La seguirono nove delle sue figlie.
Il 9 dicembre si mise in viaggio alla volta di San Sebastiano, ultimo tratto della sua salita al calvario. Durante il viaggio, in una notte gelida e su una strada coperta di neve, si fratturò una gamba in un incidente di macchina. Un tumore maligno che si manifestò quasi contemporaneamente, la ferì a morte, ma tutto questo non riuscì a spegnere la luce della sua fede né la ferma convinzione che l’Opera sarebbe sorta di nuovo.
Prostrata sul letto di dolore, abbandonata, potè assaporare meglio il calice, mentre incoraggiava le sue figlie dicendo loro: «Mi dispiace tanto lasciarvi perché vi amo molto, ma dal cielo vi sarò più utile. Sarò presso di voi per stare sempre con quelli che soffrono, con i poveri, gli ammalati. Quando più sole sarete, più vicina sarò a voi».
Morì a San Sebastiano, a 39 anni di età, il 27 agosto 1945, offrendo la sua vita per le figlie che si erano separate da lei e ricordando con dolore e con amore: «Le amo tanto –diceva – che non le posso dimenticare; anche se mi percuotessero e mi trascinassero per terra, vorrei averle tutte qui. Non voglio ricordare il male che mi fanno, ma il bene che mi hanno fatto. Lo sa bene il nostro amato Gesù, che più, molto più di quello che mi fanno soffrire, voglio che Lui dia loro il cielo”.
Le sue figlie, fiduciose nelle parole della Madre, rimasero unite sotto la guida del Padre Daniel Díez García, che l’aveva aiutata e assistita negli ultimi anni della sua vita. Nel 1947 arrivarono a Logroño e nel maggio del 1948 il vescovo D. Fidel García Martínez approvò canonicamente l’Opera come pia unione con il nome di “Opera Missionaria di Gesù e Maria”.
Nel 1961 l’Opera fu approvata come Congregazione di Diritto Diocesano e nel 1981 fu dichiarata Congregazione di Diritto Pontificio. L’Istituto conta attualmente 220 religiose distribuite in 22 case sparse in diversi punti della Spagna, Colombia, Ecuador, Venezuela, Italia e Mozambico.
La fama di santità della Venerabile María Pilar Izquierdo si accrebbe a tal punto che il vescovo di Calahorra - La Calzada - Logroño, Mons. Francisco Alvarez Martínez, considerò opportuno aprire la Causa di Beatificazione e Canonizzazione. Il Processo Diocesano si celebrò dal 1983 al 1988.
Il 18 dicembre del 2000, S.S. Giovanni Paolo II dichiarò l’eroicità delle virtù e il 7 luglio 2001 approvò il miracolo attribuito alla sua intercessione.
(Fonte: Santa Sede)
Giaculatoria - Beata Maria Pilar Izquierdo Albero, pregate per noi.
*Beati Martiri Spagnoli Trinitari di Ciudad Real (Ermenegildo dell'Assunzione e 5 compagni) Beatificati nel 2013 (27 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 522 Martiri Spagnoli" Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole)
"Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data (Celebrazioni singole)
+ Alcázar de San Juan, Ciudad Real, Spagna, 27 agosto 1936
Ermenegildo dell'Assunzione (Hermenegildo Iza Aregita), Bonaventura di Santa Caterina (Buenaventura Gabika-Etxebarria Gerrikabeitia), Francesco di San Lorenzo (Francisco Euba Gorrono), Placido di Gesù (Placido Camino Fernandez), Antonio di Gesù e Maria (Juan Antonio Salutregui Iribarren) e Stefano di San Giuseppe (Esteban Barrenechea Arriaga)
sono stati dichiarati Martiri da Papa Benedetto XVI in data 28 giugno 2012.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Martiri Spagnoli Trinitari di Ciudad Real, pregate per noi.
*Santa Monica - Madre di Sant'Agostino (27 Agosto)
Tagaste, attuale Song-Ahras, Algeria, c. 331 - Ostia, Roma, 27 agosto 387
Nacque a Tagaste, antica città della Numidia, nel 332.
Da giovane studiò e meditò la Sacra Scrittura. Madre di Agostino d'Ippona, fu determinante nei confronti del figlio per la sua conversione al cristianesimo.
A 39 anni rimase vedova e si dovette occupare di tutta la famiglia.
Nella notte di Pasqua del 387 poté vedere Agostino, nel frattempo trasferitosi a Milano, battezzato insieme a tutti i familiari, ormai cristiano convinto profondamente.
Poi Agostino decise di trasferirsi in Africa e dedicarsi alla vita monastica. Nelle «Confessioni» Agostino narra dei colloqui spirituali con sua madre, che si svolgevano nella quiete della casa di Ostia, tappa intermedia verso la destinazione africana, ricevendone conforto ed edificazione; ormai più che madre ella era la sorgente del suo cristianesimo.
Monica morì, a seguito di febbri molto alte (forse per malaria), a 56 anni, il 27 agosto del 387.
Ai figli disse di seppellire il suo corpo dove volevano, senza darsi pena, ma di ricordarsi di lei, dovunque si trovassero, all'altare del Signore. (Avvenire)
Patronato: Donne sposate, Madri, Vedove
Etimologia: Monica = la solitaria, dal greco
Martirologio Romano: Memoria di Santa Monica, che, data ancora giovinetta in matrimonio a Patrizio, generò dei figli, tra i quali Agostino, per la cui conversione molte lacrime versò e molte preghiere rivolse a Dio, e, anelando profondamente al cielo, lasciò questa vita a Ostia nel Lazio, mentre era sulla via del ritorno in Africa.
A Monica si adatta alla perfezione, la definizione che Chiara Lubich fa di Maria nei “Scritti spirituali” (Città Nuova ed.) chiamandola ‘sede della sapienza, madre di casa’; perché Monica fu il tipo di donna che seppe appunto imitare Maria in queste virtù, riuscendo ad instillare la sapienza nel cuore dei figli, donando al mondo quel genio che fu Aurelio Agostino, vescovo e Dottore della Chiesa.
Nacque a Tagaste, antica città della Numidia, nel 332 in una famiglia di buone condizioni economiche e profondamente cristiana; contrariamente al costume del tempo, le fu permesso di studiare e lei ne approfittò per leggere la Sacra Scrittura e meditarla.
Nel pieno della giovinezza fu data in sposa a Patrizio, un modesto proprietario di Tagaste, membro del Consiglio Municipale, non ancora cristiano, buono ed affettuoso ma facile all’ira ed autoritario.
Per il suo carattere, pur amando intensamente Monica, non le risparmiò asprezze e infedeltà; tuttavia Monica riuscì a vincere, con la bontà e la mansuetudine, sia il caratteraccio del marito, sia i pettegolezzi delle ancelle, sia la suscettibilità della suocera.
A 22 anni le nacque il primogenito Agostino, in seguito nascerà un secondo figlio, Navigio ed una figlia di cui s’ignora il nome, ma si sa che si sposò, poi rimasta vedova divenne la badessa del monastero femminile di Ippona.
Le notizie che riportiamo sono tratte dal grande libro, sempre attuale e ricercato anche nei nostri tempi, le “Confessioni”, scritto dal figlio Agostino, che divenne così anche il suo autorevole biografo.
Da buona madre diede a tutti con efficacia, una profonda educazione cristiana; dice Sant' Agostino che egli bevve il nome di Gesù con il latte materno; il bambino appena nato fu iscritto fra i catecumeni, anche se secondo l’usanza del tempo non fu battezzato, in attesa di un’età più adulta; crebbe con l’insegnamento materno della religione cristiana, i cui principi saranno impressi nel suo animo, anche quando era in preda all’errore.
Monica aveva tanto pregato per il marito affinché si ammansisse ed ebbe la consolazione, un anno prima che morisse, di vederlo diventare catecumeno e poi battezzato sul letto di morte nel 369.
Monica aveva 39 anni e dovette prendere in mano la direzione della casa e l’amministrazione dei beni, ma la sua preoccupazione maggiore era il figlio Agostino, che se da piccolo era stato un bravo ragazzo, da giovane correva in modo sfrenato dietro i piaceri del mondo, mettendo in dubbio persino la fede cristiana, così radicata in lui dall’infanzia; anzi egli aveva tentato, ma senza successo, di convincere la madre ad abbandonare il cristianesimo per il manicheismo, riuscendoci poi con il fratello Navigio.
Il Manicheismo era una religione orientale fondata nel III secolo d. C. da Mani, che fondeva elementi del cristianesimo e della religione di Zoroastro, suo principio fondamentale era il dualismo, cioè l’opposizione continua di due principi egualmente divini, uno buono e uno cattivo, che dominano il mondo e anche l’animo dell’uomo.
Le vicende della vita di Monica sono strettamente legate a quelle di Agostino, così come le racconta lui stesso; lei rimasta a Tagaste continuò a seguire con trepidazione e con le preghiere il figlio, trasferitosi a Cartagine per gli studi, e che contemporaneamente si dava alla bella vita, convivendo poi con un’ancella cartaginese, dalla quale nel 372, ebbe anche un figlio, Adeodato.
Dopo aver tentato tutti i mezzi per riportarlo sulla buona strada, Monica per ultimo gli proibì di ritornare nella sua casa.
Pur amando profondamente sua madre, Agostino non si sentì di cambiare vita, ed essendo terminati con successo gli studi a Cartagine, decise di spostarsi con tutta la famiglia a Roma, capitale dell’impero, di cui la Numidia era una provincia; anche Monica decise di seguirlo, ma lui con uno stratagemma la lasciò a terra a Cartagine, mentre s’imbarcavano per Roma.
Quella notte Monica la passò in lagrime sulla tomba di San Cipriano; pur essendo stata ingannata, ella non si arrese ed eroicamente continuò la sua opera per la conversione del figlio; nel 385 s’imbarcò anche lei e lo raggiunse a Milano, dove nel frattempo Agostino, disgustato dall’agire contraddittorio dei manichei di Roma, si era trasferito per ricoprire la cattedra di retorica.
Qui Monica ebbe la consolazione di vederlo frequentare la scuola di Sant' Ambrogio, vescovo di Milano e poi il prepararsi al battesimo con tutta la famiglia, compreso il fratello Navigio e l’amico Alipio; dunque le sue preghiere erano state esaudite; il vescovo di Tagaste le aveva detto:
“È impossibile che un figlio di tante lagrime vada perduto”.
Restò al fianco del figlio consigliandolo nei suoi dubbi e infine, nella notte di Pasqua del 387, poté vederlo battezzato insieme a tutti i familiari; ormai cristiano convinto profondamente, Agostino non poteva rimanere nella situazione coniugale esistente; secondo la legge romana, egli non poteva sposare la sua ancella convivente, perché di ceto inferiore e alla fine con il consiglio di Monica, ormai anziana e desiderosa di una sistemazione del figlio, si decise di rimandare, con il suo consenso, l’ancella in Africa, mentre Agostino avrebbe provveduto per lei e per il figlio Adeodato, rimasto con lui a Milano.
A questo punto Monica pensava di poter trovare una sposa cristiana adatta al ruolo, ma Agostino, con sua grande e gradita sorpresa, decise di non sposarsi più, ma di ritornare anche lui in Africa per vivere una vita monastica, anzi fondando un monastero.
Ci fu un periodo di riflessione, fatto in un ritiro a Cassiciaco presso Milano, con i suoi familiari ed amici, discutendo di filosofia e cose spirituali, sempre presente Monica, la quale partecipava con sapienza ai discorsi, al punto che il figlio volle trascrivere nei suoi scritti le parole sapienti della madre, con gran meraviglia di tutti, perché alle donne non era permesso interloquire.
Presa la decisione, partirono insieme con il resto della famiglia, lasciando Milano e diretti a Roma, poi ad Ostia Tiberina, dove affittarono un alloggio, in attesa di una nave in partenza per l’Africa.
Nelle sue "Confessioni", Agostino narra dei colloqui spirituali con sua madre, che si svolgevano nella quiete della casa di Ostia, ricevendone conforto ed edificazione; ormai più che madre ella era la sorgente del suo cristianesimo; Monica però gli disse anche che non provava più attrattiva per questo mondo, l’unica cosa che desiderava era che il figlio divenisse cristiano, ciò era avvenuto, ma non solo, lo vedeva impegnato verso una vita addirittura di consacrato al servizio di Dio, quindi poteva morire contenta.
Nel giro di cinque-sei giorni, si mise a letto con la febbre, perdendo a volte anche la conoscenza; ai figli costernati, disse di seppellire quel suo corpo dove volevano, senza darsi pena, ma di ricordarsi di lei, dovunque si trovassero, all’altare del Signore.
Agostino con le lagrime agli occhi le dava il suo affetto, ripetendo “Tu mi hai generato due volte”.
La malattia (forse malaria) durò nove giorni e il 27 agosto del 387, Monica morì a 56 anni.
Donna di grande intuizione e di straordinarie virtù naturali e soprannaturali, si ammirano in lei una particolare forza d’animo, un’acuta intelligenza, una grande sensibilità, raggiungendo nelle riunioni di Cassiciaco l’apice della filosofia.
Rispettosa e paziente con tutti, resisté solo al figlio tanto amato, che voleva condurla al manicheismo; era spesso sostenuta da visioni, che con sicuro istinto, sapeva distinguere quelle celesti da quelle di pura fantasia.
Il suo corpo rimase per secoli, venerato nella chiesa di S. Aurea di Ostia, fino al 9 aprile del 1430, quando le sue reliquie furono traslate a Roma nella chiesa di S. Trifone, oggi di S. Agostino, poste in un artistico sarcofago, scolpito da Isaia da Pisa, sempre nel sec. XV.
Santa Monica, considerata modello e patrona delle madri cristiane, è molto venerata; il suo nome è fra i più diffusi fra le donne.
La sua festa si celebra il 27 agosto, il giorno prima di quella del suo grande figlio il vescovo di Ippona Sant' Agostino, che per una singolare coincidenza, morì il 28 agosto 430.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Monica, pregate per noi.
*San Narno - Vescovo di Bergamo (27 Agosto)
Ogna, Bergamo, fine III sec. - Bergamo, † 345 ca.
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Bergamo, San Narno, ritenuto il primo vescovo della città.
Frate Branca da Gandino (sec. XIII) è il più antico scrittore che menzionò San Narno; pose il Santo come vescovo di Bergamo, dopo la persecuzione di Diocleziano.
Tenne la carica episcopale probabilmente verso la metà del secolo IV, secondo alcuni studiosi negli anni 334-345 e che fu Sant'Ambrogio a consacrarlo terzo vescovo di Bergamo.
È incerto il luogo della nascita, chi dice Castione, chi Ogna, chi Villa d’Ogna, ma si propende per Ogna (Bergamo); si ritiene che abbia fatto costruire la primitiva basilica alessandrina, della quale sarebbe stata promotrice Santa Grata.
Morì nella sua sede di Bergamo, verso il 345 e sepolto a quattro metri di profondità dal coro, nella cripta dell’antica chiesa alessandrina, che era il ‘martyrium’ di Sant'Alessandro e insieme cattedrale e lì fu onorato di un altare e ogni anno venerato con solenni liturgie.
Nel 1561 si dovette abbattere, per ordine della Serenissima, l’antica basilica di Sant'Alessandro e le reliquie di San Narno, insieme a quelle del successore San Viatore e di altri Santi, furono trasferite alla chiesa di San Vincenzo, odierna cattedrale di Sant'Alessandro, dove tuttora sono venerate.
Durante questi lavori si trovò una lapide antica che indicava il luogo dove erano sepolti, sia San Narno sia San Viatore indicando, naturalmente in latino: “episcopus Narnus Christi Confessor” cioè San Narno ha il titolo di ‘Confessore’ che anticamente comprendeva anche i martiri, si pensa che forse aveva subito maltrattamenti in gioventù, durante la persecuzione di Diocleziano.
Nei secoli successivi vi furono altre quattro ricognizioni delle reliquie; in un calendario del secolo XI e in uno del secolo XIII, di proprietà del monastero di Santa Grata, la festa di San Narno è posta al 27 agosto, data che poi è passata in altri ‘Cataloghi’ e anche nel ‘Martirologio Romano’.
Sulla figura del vescovo di Bergamo, esiste una vasta bibliografia, come pure una discreta antica iconografia.
Nella diocesi di Bergamo la sua memoria si celebra il 15 gennaio.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Narno, pregate per noi.
*San Poemen - Abate (27 Agosto)
V secolo
Martirologio Romano: Nella Tebaide in Egitto, San Pemeno, abate, del quale, ammirato anacoreta, si tramandano molti detti pervasi di saggezza. Poemen fu un celebre padre del deserto.
Ritiratosi nel deserto egiziano di Scete con un fratello più giovane ed uno più anziano, nel 408 i tre furono obbligati dalle incursioni dei Berberi ad abbandonare il loro primo insediamento ed a cercare rifugio fra le rovine di un tempio presso Terenuthis.
Anubis, il fratello maggiore, e Poemen si alternavano alla guida della minuscola comunità.
Durante il giorno lavoravano sino a mezzodì, leggevano sino alle tre del pomeriggio, dopodichè si dedicavano alla raccolta di legna, cibo ed ogni altra eventuale necessità.
Delle dodici ore notturne solo quattro erano destinate al riposo, mentre le rimanenti erano divise tra il lavoro ed il canto dell’Ufficio. Spesso e volentieri Poemen trascorreva giorni o perfino settimane intere senza mangiare nulla.
Ai suoi compagni raccomandava però di digiunare con moderazione e di nutrirsi a sufficienza quotidianamente.
I monaci non potevano bere vino, né compiere alcun atto che avesse potuto gratificare in qualsiasi modo i sensi.
Poemen temeva fortemente le possibili interruzioni alla sua vita solitaria ed una volta rifiutò persino di vedere sua madre, affermando di rinunciare al piacere dell’incontro sulla terra per provare più gioia quando si sarebbero poi rivisti nell’aldilà.
Il Santo viene ricordato principalmente per la sua pietà e per i detti proverbiali che contraddistinsero il suo insegnamento, come per esempio: “Il silenzio non è una virtù quando la carità necessita la parola”.
Incoraggiava gli altri monaci a ricevere frequentemente la comunione eucaristica.
Quando Anubis morì, Poemen perdette il controllo della comunità e dovette fare ritorno a Scete. Qui però nuove incursioni lo obbligarono a fuggire.
La liturgia bizantina definisce San Poemen “la lampada dell’universo e modello per i monaci”, mentre il Martyrologium Romanum lo commemora in data odierna 27 agosto.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Poemen, pregate per noi.
*Beato Raimondo Martì Soriano - Sacerdote e Martire (27 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”
Martirologio Romano: Lungo il tratto di strada tra le cittadine di Godella e Bétera nella medesima regione in Spagna, Beato Raimondo Martí Soriano, sacerdote e martire, che versò il sangue per Cristo nel corso della medesima persecuzione contro la fede.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Raimondo Martì Soriano, pregate per noi.
*San Rufo (Rufino) - Martire, venerato a Capua (27 Agosto)
Martirologio Romano: A Capua in Campania, San Rufo, Martire.
San Rufino, 410 - 423, (memoria liturgica 25 agosto) di origine siriana, presbitero in Palestina, visse nella seconda metà del IV sec. d.C., sotto il pontificato di Atanasio.
Da principio negò la trasmissione del peccato originale, ma poi convertito a Roma dai Santi Girolamo e Pammacchio, scrisse una serie di libri ortodossi sulla fede. Veniva lodato per la sua viva intelligenza e l'arguzia di mente.
Fece atto di sottomissione al Vescovo di Roma e con l'aiuto del Santo Pammacchio riuscì a liberarsi dai suoi errori. San Rufino strinse un forte legame di amicizia con San Girolamo, questi più volte si recò con lui in diversi luoghi per compiere importanti legazioni diplomatiche. Fu creato vescovo di Capua verso il 410 dal Santo Pontefice Innocenzo I, morì a Capua il 25 Agosto del 423.
Dopo la morte avvennero vari e interessanti prodigi e miracoli attribuiti al vescovo morto in odore di santità.
Sepolto nella basilica dei Santi Apostoli, venne poi trasferito il corpo, nel 688 dal Vescovo d'allora San Decoroso, in quella dei Santi Stefano ed Agata, ed indi nella odierna cattedrale, dove rimane tuttora ignoto il sito in cui giace, comunque si dica posto all'ingresso della presente cappella della Concezione, o all'ingresso del Tesoro.
Non a lui, ma si dice appartenente piuttosto a S. Rufino Conf. di Mantova quella piccola reliquia nel Tesoro del Duomo di Capua, che facilmente si ottenne al tempo del Card. Arcivescovo Ippolito d'Este di Ferrara, dove si venera il suo corpo con culto speciale. Fu pure insigne Taumaturgo dopo morto.
Verso la metà del IX sec d.C., il longobardo Radiperto, vescovo vulturnense, gli faceva erigere nella sua cattedrale un superbo altare marmoreo rivestito finemente con argento e metalli preziosi.
Il marmo sepolcrale riportava la scritta: "Perspicuo argenti sacrum altare metallo Rufini eximii struxit in omne decus." e ciò faceva da testimone del pregio e della santità del Vescovo capuano nostro protettore.
Il breviario Capuano riporta su San Rufino la seguente espressione: "Rufinus Episcopus Vir Eximii Sanctitatis".
Furono fondate innumerevoli chiese e cappelle in suo onore sia dai longobardi che ne avevano particolare cura, sia dai capuani che ne erano fortemente legati.
Furono proprio i Longobardi che ne portarono il culto nell’antica diocesi di Sinuessa, in modo particolare nell’attuale Mondragone (CE), oggi Diocesi di Sessa Aurunca, dove è fortemente venerato e il 25 agosto di ogni anno è festeggiato nella parrocchia omonima, la più grande della diocesi.
Particolare rilancio alla memoria del santo è stata apportata dall'attuale Vicario generale mons. Franco Alfieri e dal parroco don Osvaldo Morelli.
Nella parrocchia di San Rufino fa da sfondo ai bassorilievi del marmoreo altare, un bellissimo mosaico che raffigura il Santo vescovo tra due angeli.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Rufo, pregate per noi.
*Beato Ruggero Cadwallador - Martire (27 Agosto)
Martirologio Romano: A Leominster in Inghilterra, Beato Ruggero Cadwallador, sacerdote e martire, che, ordinato a Valladolid in Spagna, fu uomo di insigne dottrina; per sedici anni esercitò clandestinamente in patria il suo ministero e, infine, condannato sotto il re Giacomo I per il suo sacerdozio, morì dopo aspre torture con il supplizio del patibolo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ruggero Cadwallador, pregate per noi.
*San Teona d’Alessandria - Vescovo (27 Agosto)
III secolo
Teona fu il sedicesimo vescovo di Alessandria d'Egitto. Durante il suo episcopato, iniziato nel 282, venne eletto come imperatore Diocleziano (284).
La data di elezione di quest'ultimo viene ancor'oggi ricordata dalla Chiesa copta come l'inizio del calendario detto "dei Martiri" a ricordo dell'efferatezza con cui le sue persecuzioni contro i cristiani sconvolsero l'Egitto.
Non sono giunte molte notizie riguardo alla vita e alle opere di questo santo: le lettere che questi avrebbe scritto a Luciano, ministro di Diocleziano vicino alla religione cristiana, si sono infatti rivelate, a detta delgi storici del cristianesimo Batiffol e Harnack, una contraffazione, essendo state scritte da un altro Teona, vescovo di Cyzico, e indirizzate non ad un collaboratore di Diocleziano ma di Costanzo Cloro.
L'episcopato di Teona terminò con la sua morte, avvenuta nel 300. Sant'Atanasio nella sua apologia a Costantino narra che in Alessandria una chiesa era stata dedicata a San Teona dal vescovo Alessandro di Alessandria.
La stessa chiesa viene citata anche negli "Atti dei Santi Pacomio e Teodoro".
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Teona d’Alessandria, pregate per noi.
*Beato Uldarico (Jean-Baptiste) Guillaume - Religioso e Martire (27 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Lasalliani di Rochefort” Religiosi professi
“Beati Martiri dei Pontoni di Rochefort” 64 martiri della Rivoluzione Francese
Fraisans, Francia, 1 febbraio 1755 – Rochefort, Francia, 27 agosto 1794
Martirologio Romano: Nel mare antistante Rochefort in Francia in una sordida galera ferma all’ancora, Beati martiri Giovanni Battista de Souzy, sacerdote, e Ulderico (Giovanni Battista) Guillaume, fratello delle Scuole Cristiane, martiri, che durante la persecuzione contro la Chiesa subirono una disumana carcerazione e morirono per Cristo consunti dalla fame e dalla malattia.
Il Papa Giovanni Paolo II beatificò il 1° ottobre 1995 un gruppo di 64 martiri morti durante la Rivoluzione Francese, vittime delle sofferenze patite per la fede, noti quali “Martiri dei pontoni di Rochefort”.
Sulla vecchia imbarcazione “Deux-Associés”, ancorata nella regione de La Rochelle, furono imprigionati e morirono fra gli altri anche tre Fratelli delle Scuole Cristiane. Patirono sofferenze e vessazioni terribili a causa della loro fede e morirono in seguito ai maltrattamenti subiti.
Ben 285 sopravvissuti furono invece liberati il 12 febbraio 1795 e, tornati ai loro paesi, lasciarono testimonianze scritte dell’eroico esempio dei loro compagni, permettendo così l’avvio dei processi per la loro beatificazione.
I Fratelli delle Scuole Cristiane imprigionati nei pontoni furono in realtà complessivamente sette: Roger, Léon, Uldaric, Pierre-Christophe, Donat-Joseph, Avertin et Jugon. Questi ultimi tre furono appunto tra i sopravvissuti e liberati il 12 febbraio 1795.
Tra i quattro morti in prigione invece, non furono tramandate notizie circa fratel Pierre-Christophe, che conseguentemente non è stato beatificato.
Il Martyrologium Romanum, che commemora i martiri singolarmente o in gruppo a seconda dell’anniversario del martirio, pone in data odierna la festa di Fratel Uldaric, al secolo Jean-Baptiste Guillaume.
Questi nacque nella città francese di Fraisans il 1° febbraio 1755 ed entrò nel noviziato lasalliano il 16 ottobre 1785.
Imprigionato nei pontoni, morì infine ammalato ed in preda alla fame al largo di Rochefort il 27 agosto 1794 insieme con il sacerdote Jean-Baptiste de Souzy.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Uldarico Guillaume, pregate per noi.